Unendo arte visuale e patrimonio storico, Ines Khansa e Lena Merhej ci regalano un'opera assolutamente originale che è stata, a buona ragione, una delle protagoniste indiscusse del festival CairoComix 2022: si tratta di «Lei mi parlò e disse: tutte le donne abbasidi hanno un segreto».
Il volume, di 59 pagine in bianco e nero, è stato pubblicato dalla casa editrice egiziana Al-Mahrousa.
"Questo fumetto è ispirato dalla passione, dall'amicizia e dalla ricerca" dicono le autrici nella prefazione del libro e, in effetti, tutto parte da un lavoro storico che Lena Merhej e Ines Khansa hanno compiuto con l'aiuto di altre donne, come ad esempio Hala Bizri o la professoressa Karen Mokheiber.
Le due autrici scelgono dieci delle trentotto donne di cui aveva parlato, in una delle sue tante opere, lo scrittore del XIII secolo Ibn al-Sa'i e si concentrano sull’età d’oro del califfato, in special modo il IX secolo, senza disdegnare altre epoche, in particolare le più vicine a quella in cui visse l’autore, e rendendo giustizia agli ultimi due secoli di vita del frantumato stato abbaside, che troppo frettolosamente e didascalicamente vengono spesso riassunti come secoli di assoluta decadenza.
Si tratta di una rivisitazione al femminile di storie scritte da un uomo del XIII secolo che dovette certo ispirarsi a libri scritti da altri uomini, vissuti molto tempo prima di lui, storici del IX e del X secolo, come al-Baladhuri, al-Tabari, al-Mas‘udi e Abu al-Faraj al-Isfahani (con il suo Kitab al-Aghani).
Ecco allora che queste donne non sono più solo "le consorti", ma diventano protagoniste della Storia nelle loro multiple sfaccettature: sono di etnie diverse, di condizione sociali diverse, sono schiave o regine, sono artigiane, astronome, letterate o mecenati. Benché le loro vicende siano a sé stanti e spesso lontane nel tempo, queste donne sembrano quasi formare un cerchio di sorellanza: così viene chiamato e illustrato nelle prime pagine dell'opera.
Lena Merhej e Ines Khansa le raccontano con storie brevi ma intense, capaci di fornire, di volta in volta, un ritratto vivido. La moglie del califfo al-Ma’mun, due poetesse devote ad al-Mutawakkil, la figlia del sovrano tulunide, moglie di al-Mu‘tadid, e una delle schiave-poetesse della corte di quest’ultimo, e poi, andando avanti nei secoli, la moglie del sultano selgiuchide Malik-Shah e la concubina di al-Mustadi’, la sposa selgiuchide di al-Nasir e la poliedrica ancella di al-Mustansir. Quei celebri sovrani dinanzi a esse paiono rimpicciolire. Le autrici danno spazio a vite di donne, non a esempi di sudditanza femminile. Il loro essere schiave o concubine o mogli minorenni non deve indurci a trattarle con commiserazione. Le due autrici ci invitano a concentrarci su ciò che quelle donne realizzarono, nonostante tutto, in quelle epoche lontane.
Non sorprendente è la scelta della lingua: l'arabo che caratterizza il fumetto è molto aulico e ci trasporta indietro nel tempo. Non solo, estratti di poesie e citazioni dell'opera di Ibn al-Sa'i fanno piccole incursioni artistiche nella narrazione. Inoltre, è interessante l'uso delle note laterali che spiegano elementi e personaggi storici, rendono parole desuete più vicine all'orecchio del lettore e ampliano la narrazione.
Il disegno, particolareggiato e ricercato nei dettagli storici, ci riporta alla mente le miniature con cornici e decorazioni che fanno da griglia narrativa al fumetto.
Possiamo dire che lo stile è vicino a quello di Salam, altra opera di Lena Merhej: le figure appaiono estremamente vive, delineate da un tratto deciso, con occhi grandi e espressivi, caratterizzazioni etniche e fedeli storicamente.
Effettivamente, il lettore ha quasi l'impressione di leggere un libro antico, un diwan, o ancora di affacciarsi a finestre immaginarie, dove veder scorrere la storia. Interessanti sono anche le illustrazioni di gioielli e monili, frutto dello studio che Lena Merhej e Ines Khansa hanno compiuto per questo fumetto e che qui fungono da divisori per le varie storie.
Al lettore dunque il compito di scoprire, di pagina in pagina, quali storie uniscano quelle donne.
Testo di Maria Laura Romani & Luca Calistri.
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